INTRODUZIONE:
Il toponimo “Salento” ha origini incerte. Secondo una leggenda deriva dal nome del Re Sale, un mitico re dei Messapi. Il nipote del Re Sale poi, il re messapico Malennio (figlio di Dasumno), avrebbe fondato Sybar (primo nome della località costiera Roca, che significa Città del Sole), nonché Lyppiae (l’attuale Lecce) e Rudiae. Uno studio di Mario Cosmai lo farebbe derivare da “salum”, inteso come “terra circondata dal mare”: i Romani, infatti, indicavano con Sallentini gli abitanti delle paludi acquitrinose che si addensavano intorno al Golfo di Taranto. Esattamente dal libro citato: «Salento in messapico significa “mare”: ce lo conferma Plinio che dice “Salentinos a salo dicto” (cfr. il greco hals, halòs e il latino salum, mare)». Secondo Strabone, il toponimo deriverebbe dal nome dei coloni cretesi che qui si stabilirono, chiamati Salenti in quanto originari dalla città di Salenzia. L’ipotesi di Marco Terenzio Varrone, invece, è quella di un’alleanza stipulata “in salo”, ovvero in mare, fra i tre gruppi etnici che popolarono il territorio: Cretesi, Illiri e Locresi.
Insomma nostro amato SALENTO, denominato il tacco dello stivale italiano, è rinomato oltre che per le spiagge bianche ed il mare cristallino, anche per la storia e l’architettura barocca, per l’olio extravergine d’oliva, per le sagre di paese ed il mangiare bene. Al fine di potervi indirizzare al meglio sul vostro itinerario turistico, andiamo ad approfondire ogni distinta sezione.
L’architettura barocca:
Il Barocco leccese, nato alla fine del XVI secolo, nel clima della Controriforma, si protrae fino alla prima metà del Settecento in un tutt’uno col Rococò e si presenta come uno dei modelli artistico-architettonici più particolari d’Italia, tanto che si aggettiva, identificando l’area interessata. L’architettura barocca è rigogliosa a Lecce e in tutti i comuni della provincia, nella Grecìa Salentina e nei grossi centri del basso Salento, quali Galatina, Gallipoli, Maglie, Nardò, Copertino, Galatone e Lequile. Le articolate decorazioni delle facciate di chiese e palazzi creano scenografici apparati di visionaria esuberanza che è unica nel suo genere, resa possibile dall’impiego della calda e tenera pietra calcarenitica (tufo). Il capoluogo leccese, ricchissimo di monumenti, conserva dei capolavori dell’arte barocca: la basilica di Santa Croce e il complesso monumentale dei Celestini e la piazza del Duomo, considerata tra le più belle d’Italia.
Il paesaggio architettonico del Salento richiama le città della Grecia per la predominanza assoluta delle case bianche “a calce”, senza tetto (con solaio), soprattutto in campagna e sulla costa, ma i centri storici sono caratterizzati dal barocco leccese, un lascito spagnolo del Plateresco, che rispetto al Barocco del resto d’Italia si spoglia della sovrabbondanza pittorica degli interni e trasforma le facciate esterne di chiese e palazzi in veri arazzi scolpiti. In ciò, molta importanza ha avuto la locale “pietra leccese”, tenera e malleabile e dal caldo colore giallo rosaceo. La struttura tipica dei centri storici salentini, quindi, è caratterizzata da un tessuto molto compatto (non c’è separazione fra le case) di vicoli bianchi dalle pareti dipinte a calce sempre ravvivata (ad eccezione della città di Lecce e dell’area di Maglie, dove anche le case di civile abitazione sono costruite nella pietra bianco-rosacea proveniente dalle cave di Cursi) sui cui muri campeggiano gli accesi colori degli infissi, inframmezzati da palazzi nobiliari e chiese d’epoca barocca in pietra viva. Tipica l’entità architettonico-urbanistica della casa a corte di origine araba e diffusa anche in Sicilia. Molti vicoli, infatti, dispongono di quelli che apparentemente sono altri vicoli perpendicolari, ma si rivelano ciechi, terminando pochi metri più in là. Su tale spazio urbano, definito corte (dal latino cohorte, “spazio che comprende l’orto”, “recinto”), si affacciano le porte e le finestre di molte abitazioni, col voluto risultato di farne uno spazio di vita comune, una sorta di popolare salotto dove, nei tempi andati, molte famiglie vivevano gran parte della giornata chiacchierando, ricamando e aiutandosi nelle faccende domestiche.
Si consiglia di visitare il borgo antico della Città di Lecce e della Città di Galatina.
Le spiagge ed il mare cristallino:
“Salento, lu sule, lu mare e lu ientu”, dice un popolare detto salentino. Ed effettivamente le ragioni per celebrare la bellezza di questa terra ci sono tutte. Clima mite e mare cristallino, spiagge bianche e incontaminate, un paesaggio mozzafiato che vanta una grande diversità naturalistica da zona a zona. Sia sul versante ionico e sia su quello adriatico della penisola, la storia e tradizioni locali si uniscono al mare incredibile e alle spiagge da sogno.
In base a tale premessa i bagnanti potranno decidere se balneare lungo le spiagge bianche sabbiose o lungo le insenature delle coste rocciose. Andiamo ad elencare di entrambe le categorie cioè che merita una maggiore attenzione.
Spiagge sul Mar Jonio da visitare:
– Porto Cesareo, Punta Prosciutto e Torre Lapillo, Comune di Porto Cesareo.
– Baia Verde e Punta della Suina, Comune di Gallipoli.
– Lido Marini, Comune di Ugento.
– Pescoluse, Comune di Salve.
Spiagge sul Mar Adriatico da visitare:
– Baia dei Turchi e Laghi Alimini, Comune di Otranto.
– Torre dell’Orso, Roca Vecchia e Torre Sant’Andrea, Comune di Melendugno.
Coste rocciose sul Mar Jonio da visitare:
– Insenatura di Porto Selvaggio, Comune di Nardò.
– Santa Maria al Bagno, Comune di Nardò.
– San Gregorio, Comune di Patù.
– Santa Maria di Leuca, Comune di Castrignano del Capo.
Coste rocciose sul Mar Adriatico da visitare:
– Insenatura del Ponte Ciolo, Comune di Gagliano del Capo.
– Insenatura di Acquaviva, Comune di Marittima.
– Grotta Zinzulusa, Comune di Castro.
– Insenatura di Porto Miggiano, Comune di Santa Cesarea Terme.
– Insenatura di Porto Badisco, Comune di Otranto.
L’Olio ExtraVergine d’Oliva e i Frantoi Ipogei:
Il territorio salentino è stato segnato da diverse popolazioni come i Messapi, i Romani, i Bizantini e gli Iapigi. Nel IX secolo i primi contatti con la cultura bizantina hanno provocato nel territorio del basso Salento una marcata trasformazione passando dall’economia del grano a quella dell’ulivo e quindi dell’olio di oliva; gli ulivi, alcuni dei quali millenari, che ancora oggi caratterizzano il territorio, sono il segno visibile di questa trasformazione. Le grotte per la realizzazione dei frantoi ipogei furono ricavate mediante la semplice trasformazione dei granai d’età messapica e di cripte di epoca bizantina di cui era costituito tutto il sottosuolo dei centri storici. Gran parte dei granai è stata così distrutta, ma visitando i frantoi ipogei si possono ammirare le suggestive sezioni orizzontali superiori con le loro pietre di chiusura originali. Secondo resoconti storici, a metà del XIX secolo nell’antica circoscrizione amministrativa della Terra d’Otranto sono presenti ben 1073 frantoi ipogei. E nel 2006, nel Salento Leccese, risultano censiti 124 frantoi ipogei: recentemente oggetto di recupero da parte dalle amministrazioni comunali, i frantoi ipogei (in dialetto “trappiti”) sono oggi aperti al pubblico e fanno parte di itinerari turistici.
Il trappito (dal latino trappētum) è il termine utilizzato nella tradizione salentina per indicare un frantoio ipogeo per la produzione di olio d’oliva. « I trappeti sono generalmente tra noi tante grotte sotterranee scavate nel tufo, o in una specie di pietra calcarea più o meno dura detta volgarmente “leccese”. » (Cosimo Moschettini).
Testimoni di un’antica arte della produzione dell’olio, questi frantoi ipogei sono parte integrante del paesaggio e dell’architettura rurale che connotano il territorio della Puglia e in particolare del basso Salento.
La loro costruzione avvenne dall’XI-XIII secolo sino agli inizi del XVIII secolo. Oltre il basso costo di costruzione di un trappito, il motivo che spinse a lavorare in un opificio sotterraneo era quello di ottimizzare la conservazione del prodotto in un ambiente dalla temperatura constante: la temperatura doveva infatti essere bassa per evitare il degrado del prodotto, ma superare quella della solidificazione dell’olio, ossia i 6 °C. Posto circa tra i 2 e i 5 metri sotto al livello stradale, si accedeva al trappito mediante una scala (spesso coperta con una volta a botte) che immetteva, generalmente, in un grande vano dove si trovava la vasca per la molitura con la sua grossa pietra molare posta in verticale, di calcare duro. Adiacente al grande vano erano allestiti i torchi di legno alla “calabrese” (con due viti) e alla “genovese” (ad una vite) e diverse vasche scavate nella roccia. Altri vani erano destinati a stalla, a cucina e a dormitorio degli operai. Privo di luce diretta, il trappito veniva illuminato da varie lucerne: l’unica fonte di luce e di ricambio dell’aria proveniva da uno o due fori praticati al centro della volta del vano principale.
A partire del XIX secolo, vengono gradualmente sostituiti da frantoi semi-ipogei ed infine in elevato.
Si consiglia vivamente di visitare i frantoi ipogei presenti nel sottosuolo del borgo antico di Presicce, tramite escursioni guidate.
Il mangiare bene:
La cucina salentina è caratterizzata da numerosi piatti tipici, soprattutto a base di verdure e pesce, ed è accompagnata da famosi e pregiati vini DOC come il Primitivo di Manduria o il Negroamaro.
Fra gli alimenti più tipici si distinguono i “pezzetti”, uno spezzatino di carne di cavallo al sugo piccante, e la “pitta di patate”, una pizza bassa di patate contenente una gran quantità di ingredienti vegetali, quali cipolle, rape, pomodoro. Tipico anche il pane con le olive chiamato “puccia” e, per quel che riguarda la gastronomia da passeggio, il “rustico”, una sfoglia sottile cotta in forno contenente un impasto di besciamella, di mozzarella, pomodoro, pepe ed occasionalmente noce moscata. Altro alimento tipico sono le “friseddhe” o “frise”, ciambelle di pane biscottato fino ad una consistenza di grande durezza, realizzato spesso con grano d’orzo e tagliato a metà cottura in senso orizzontale, che va ammorbidito mediante breve immersione in acqua e quindi condita con olio, sale e pomodoro. Diffuse anche sono le “pittule”, ovvero frittelle della pasta della pizza, di forma grossolana ripiene di rape, fiori di zucca, baccalà o senza ripieno. Esse sono preparate soprattutto d’inverno, ma che ormai fanno parte quotidiana della tradizione degli antipasti salentini.
Si consiglia di visitare, per apprezzare al meglio la cucina locale, qualsia sagra di paese, che nel periodo estivo sono diffusissime.
Comune di Presicce:
Presicce è un comune situato nel basso Salento, storico centro agricolo localizzato alle falde della Serra di Pozzo Mauro, fa parte dei comuni appartenenti alla cosiddetta regione delle serre salentine. Aderisce all’Associazione Nazionale Città dell’Olio ed è conosciuta anche come la “Città degli Ipogei”, in quanto è il centro abitato, dell’intera Provincia di Lecce, a detenere il maggior numero di frantoi ipogei (in dialetto “trappiti”), che annumerano a ben 23 su 124 totali in tutta la provincia. Inoltre a partire dal 2011 è entrato a far parte dell’associazione i Borghi più belli d’Italia.
La nascita del paese risale al IV Secolo e si deve, secondo gli studiosi, ad un lungo periodo di siccità che colpì i casali di Ugento, Specchiano e Pompiniano. Gli abitanti di questi villaggi dovettero per questo emigrare, in cerca di acqua, verso una zona vicina ricca di falde acquifere, ovvero Presicce. Qualcuno lo fece solo temporaneamente, qualcuno invece definitivamente, dando vita così ad un nuovo insediamento urbano. Lo stemma di Presicce, un cervo che beve da una fonte, sembra ricalcare questa abbondanza di acqua nel territorio presiccese. Nulla si sa su cosa accadde nei secoli successivi. Testimonianze storiche attendibili si hanno nuovamente a partire dall’XI secolo, quando Presicce apparteneva al Principato di Taranto.
Da questo periodo la storia di Presicce va di pari passo con quella delle famiglie dei nobili dell’epoca che si sono succeduti nel Feudo. Nel 1190 Re Tancredi la donò al Cavaliere Securo; nel 1340 appartenne a Giovanni Barrile, nel XV Secolo Maria D’Enghien, Contessa di Lecce la donò aIla famiglia Dreimi. Si succedettero poi gli Orsini del Balzo, i Gonzaga, i Cito ed altri ancora.
Le strade principali sul quale si sviluppò il centro abitato furono le attuali Via M. Arditi e Via A. Gramsci. Intorno a quest’asse, in una serie di vichi e piazzette, con costruzioni prevalentemente a “corte”, si estese gradualmente in seguito il centro. La tipologia della “casa a corte” consiste sostanzialmente in uno spazio scoperto, comune o privato, intorno al quale si dispongono una o più abitazioni contigue.
Nei secoli passati l’economia del paese è stata prevalentemente a carattere agricolo, lo testimoniano i numerosi frantoi ipogei (trappiti) che si trovano nel sottosuolo del centro e che evidenziano una certa agiatezza degli abitanti. Fra questi vanno enumerati diversi mercanti di olio che si occupavano dell’esportazione del prezioso “oro giallo” dal porto di Gallipoli verso numerose piazze europee e del Mediterraneo.
ITINERARI TURISTICI CONSIGLIATI DA NOI:
– Visita guidata dei frantoi ipogei (in dialetto “trappiti”) e del borgo antico del Comune di Presicce.
– Visita del Barocco Salentino presso il borgo antico di Lecce e di Galatina.
– Escursione in barca alle grotte carsiche marine nei pressi di Santa Maria di Leuca (il tacco dello stivale italiano).
– Balneazione nelle bellissime spiagge di Lido Marini e Pescoluse (denominata le Maldive del Salento).
– Visita dei vicoli stretti del borgo antico di Otranto e del Castello Aragonese che si affaccia sul Canale d’Otranto.
– Visita e balneazione presso l’incantevole parco naturale regionale di Porto Selvaggio e della Palude del Capitano nella Marina di Nardò.
– Balneazione nell’Area Naturale Marina Protetta di Porto Cesareo, ovvero da Punta Prosciutto a Torre Inserraglio.
– Visita dell’oasi WWF denominata Riserva Naturale Le Cesine nei pressi di Vernole.
– Balneazione nelle tre incantevoli insenature naturali della costa rocciosa adriatica, ovvero l’insenatura di Porto Badisco (la spiaggia dove approdò Enea, descritto nell’Eneide di Virgilio), l’insenatura di Acquaviva nei pressi di Marina di Marittima e l’insenatura del Ponte Ciolo nei pressi di Leuca.
– Visita guidata a piedi all’interno della grotta carsica più grande del Salento, ovvero la “Zinzulusa” nei pressi di Castro.
– Balneazione nella bellissima baia di Torre dell’Orso e visita degli imponenti faraglioni di Torre Sant’Andrea e della grotta della Poesia a Roca Vecchia (nei pressi degli scavi archeologici risalenti all’età del bronzo).
– Visita del borgo antico di Gallipoli e della sua rinomata Baia Verde, sede della movida notturna.
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